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03 settembre 2014

Una 'Srebrenica ucraina' per nascondere la sconfitta della NATO già annunciata?

Roma - Il grande allarmismo dei media occidentali e le speculazioni circa la possibilità di un dispiegamento delle truppe della NATO lungo i Paesi baltici, sono l'evidente sintomo della completa disfatta dell'esercito ucraino e delle brigate paramilitari supportate dall'Alleanza Atlantica. Come anticipato dall'Osservatorio Italiano, le truppe e i mercenari di supporto all'Ucraina sono stati accerchiati e bloccati dai filo-russi, che intanto preparavano l'apertura di un corridoio verso Mariupol e Odessa. L'umiliazione della strategia militare occidentale è tale che non si possono escludere atti scellerati ed eclatanti, per nascondere una disfatta segnata già in partenza, nonostante la mobilitazione multinazionale. Così la NATO potrebbe inviare un esercito regolare non per combattere la Russia, bensì per riprendere il controllo del territorio e riparare alle moltissime defezioni all'interno dell'esercito ucraino. I mercenari, infatti, non sono più disposti a combattere, ed è ormai chiaro che questa guerra non è per la "Santa Ucraina", bensì per gli oligarchi di turno.  L'Ucraina ha perso la guerra per la sovranità, non è più uno Stato ma una crocevia di gasdotti ed un'enorme linea di confine tra i due blocchi. Una realtà che sarà dura da accettare per le lobbies che hanno investito molto in questa 'rivoluzione del Maidan'. Cercheranno quindi un nuovo teatro di scontro, una tragedia umanitaria da dare in pasto ai media, una sorta di "Srebrenica ucraina" , in modo da sacrificare le fila paramilitari armate e pronte a rivoltarsi contro.  
Intanto, la Russia ha disposto con urgenza un cambiamento di strategia, dietro un apparente cessate-il-fuoco, che sembra essere maggiormente una manovra tattica per difendere le posizioni conquistate, e scongiurare ogni tentativo della NATO di aprire un nuovo fronte all'interno dell'Ucraina e vicino ai confini della Russia. In questa delicata fase diplomatica, il nostro Ministro Mogherini dovrebbe prestare maggiore cautela nelle dichiarazioni che rilascia con così grande spavalderia, ricordando ancora una volta che la Russia è ancora un paese partner e ha esposto chiaramente le sue intenzioni. Infatti, troppo spesso gli analisti delle intelligence occidentali hanno sottovalutato la reazione di Mosca, nell'illusione che fosse gestibile e manovrabile con azzardi mediatici. D'altro canto, le dichiarazioni della diplomazia europea non possono avere "due pesi e due misure", aggredendo di principio la Russia e tollerando l'aggressività della Polonia, nonostante l'evidente coinvolgimento nel conflitto ucraino, accettando l'installazione sul suo territorio di cambi di addestramento per mercenari. In tal senso, le parole della Mogherini fanno solo da eco ad una linea politica condotta dai Paesi Baltici, dagli Stati Uniti e dalla Polonia, mentre la stessa Germania sta cedendo il passo ad un nuovo approccio nei confronti di Mosca.

01 settembre 2014

Un ruolo di arroganza che non ci compete

Roma - La carica di Alto Rappresentante per la politica estera europea va ad un Paese che non ha una "politica estera". Questa l'evidente constatazione dell'operazione portata a termine dal Governo italiano, nella convinzione che sia un valido riconoscimento del suo peso politico in Europa. Molti sono stati i dubbi sollevati da coloro che guardano questa nomina con molto scetticismo, mentre - da parte nostra - non vogliamo essere del tutto disfattisti. Auguriamo al Ministro Mogherini di essere all'altezza di un mandato di grande responsabilità per la nostra "Italia europea", senza però dimenticare quale sia il complesso scenario con cui dovrà confrontarsi. Bisogna infatti fare i conti con la realtà, e capire il perché di questo incarico affidato all'Italia come un 'contentino', per poi ritornare dietro le fila di chi davvero detta le direttive della politica estera. Il nostro timore principale non è legato al funzionario che è stato scelto per tale nomina, bensì alla reale esistenza di questa "strategia nazionale" di cui la sua nomina è parte. Se non per altro, il passato è testimone dell'inconsistenza di questi grandi progetti strategici, anche perché, da un punto di vista storico e politico, l'Italia è nell'impossibilità materiale di portare a termine una propria strategia che vada contro gli interessi delle grandi lobbies. Tale mandato, in altre parole, sarà quindi un onere che il nostro Governo dovrà sostenere, impegnandosi ad abbandonare ogni sorta di politica parallela del passato, quando si destreggiava tra i grandi blocchi e i Paesi non allineati. 
Purtroppo il nostro Primo Ministro ha già fallito nella sua strategia di ascesa in Europa, facendo un passo indietro sul Mare Nostrum e concedendo il diretto accesso al Mediterraneo ad una nuova agenzia europea Frontex. E pensare che questo 'grande successo' è stato ottenuto grazie ad una campagna mediatica fatta sugli extracomunitari, mascherando l'esigenza di coprire il bilancio per il pattugliamento delle acque con una missione umanitaria. Allo stesso tempo, l'Europa del Nord ha accettato di sostenere il progetto italiano, a fronte della partecipazione al programma sovvenzionato da fondi europei. L'Europa avrà quindi a disposizione nuova manodopera disposta a lavorare, e a pagare i contributi e le pensioni agli europei. Una descrizione, questa, che potrà sembrare troppo semplicistica, ma descrive uno scenario molto verosimile, e che corrisponde all'opinione diffusasi nei circoli diplomatici di Bruxelles.

L'Italia accetta quindi di aderire pienamente ad una politica estera anglo-americana che storicamente non gli appartiene, e così di assumere un ruolo di arroganza che non gli compete. Abbiamo visto i popoli del Mediterraneo sconvolti dalle primavere arabe scatenate da George Soros e sfociate nella violenta aggressione della Libia. Le fiamme che tutt'oggi si alzano su Tripoli sono l'emblema dell'errore e dell'incompetenza dei monitor europei, che hanno dato carta bianca alla cannibalizzazione delle multinazionali. Abbiamo assistito alla crisi siriana e ad un fantomatico attacco con armi chimiche, mentre nel frattempo veniva creato l'ISIS, grazie al sostegno dei partiti europei e del congresso americano. Per non dimenticare poi l'Ucraina, dove il sogno dell'integrazione europea ha fatto rispuntare le svastiche e ha trasformato una protesta in un colpo di Stato, sino a trascinare il Paese in una guerra di contractor e bande armate. Tutti "errori di valutazione" di una diplomazia europea che non è stata in grado di arginare nessuna crisi, né di confermare le informazioni che giungevano dai media: nessuno aveva il controllo della situazione, nonostante agisse con spavalderia, minacciando sanzioni e interventi militari. Il bluff è durato abbastanza, già messo a dura prova dalla vittoria di Damasco sulle forze islamiche, e non riuscirà a reggere la sfida di Paesi che sono in guerra da decenni, come la Russia. Le nuove sanzioni proposte dall'UE sono la prova evidente della debolezza della NATO dinanzi allo sfondamento delle milizie filo-russe, che ormai hanno accerchiato le truppe ucraine. Mosca infatti non si fermerà, e andrà avanti sino a chiudere gli ucraini nell'entroterra, annettendo le regioni che affacciano sul Mar Nero, per riprendersi così il territorio di "sua proprietà" perché l'Europa non ha pagato i propri debiti. Sino a quando si andrà avanti con la politica delle sanzioni, non si potrà arginare l'ondata russa, e si indebolirà ancor più l'economia europea.   

Ciò premesso, ci auguriamo che il nuovo Alto Rappresentante e il suo staff siano in grado di affrontare questo mosaico così articolato, con dei monitor che siano all'altezza di confermare le informazioni della CNN e di Al Jazeera, prima di appoggiare bombardamenti e decisioni estreme. In caso contrario, si varcherà un punto di non ritorno, e il grave peso degli errori commessi ricadranno sui cittadini e le imprese, che dovranno così pagare il prezzo di questi azzardi di megalomania. Troppe, infatti,  le viste di questa 'diplomazia europea' che da tempo ormai gioca con il destino dei popoli europei e dei Paesi candidati all'adesione, promettendo fondi miliardari e prosperità, creando illusioni e disillusioni, e alimentando nuove crisi insanabili. Vogliamo credere che i fondi europei destinati ai media siano davvero per la democrazia, e non per nascondere il furto e lo sperpero dei soldi dei contribuenti europei, per pagare consulenze e contratti di assistenza tecnica, mentre le Commissioni chiudono gli occhi su casi di evidente corruzione di 'società amiche'. Un'abile manovra che in Europa o in America si chiama lobbying, mentre in Italia è mafia.

Quindi, se davvero la dirigenza italiana vuole cambiare le cose in Europa, deve cominciare a mettere in discussione l'affidabilità dei suoi interlocutori e dei monitor delegati, perché la storia recente mostra un'infinita serie storica di figuracce. A questo proposito, i Balcani sono un ampio bacino di ispirazione. Basti pensare alla Bosnia, dove per oltre cinque anni si è parlato di una sentenza della Corte Europea inattuabile, o ancora all'Albania, dove l'allora inviato europeo (attuale capo gabinetto del Ministro Mogherini) si è personalmente esposto per sostenere la campagna elettorale dell'attuale Premier. Occorrerà maggiore prudenza e trasparenza, ma anche molta cautela, perché ogni decisione presa per volere dell'UE, così lontana dalla vita reale dei cittadini, si ripercuoterà inevitabilmente sull'economia italiana, già debole.  Il nostro augurio è che questo mandato italiano segni la svolta della politica europea, e non sia solo un "premio di consolazione" per dare ampio spazio a terzi di agire e di prendere le decisioni che contano. In altre parole, speriamo che l'immagine delineata dal The Economist resti una provocazione e non sia una satira di quella che sarà l'Europa nei prossimi anni.