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23 maggio 2007

Sistemi statici e cybercrimine


Nella società in cui viviamo, quella che noi chiamiamo "scienza del sistema", l'informatica sta prendendo sempre più piede, la tecnologia di largo uso costa sempre di meno, tanto che sta entrando nella nostra quotidianità inesorabilmente. Ciò a cui stiamo assistendo è in realtà un vero e proprio programma, ben calibrato nel tempo che consente alla tecnologia di impossessarsi delle nostre informazioni.

Oggi la rete offre giochi e simulazioni di vita virtuali, incontri per single online, community che producono video e immagini, meccanismo di campionatura della voce all'interno del voip, e ciascuno di essi è stato creato appositamente per impossessarsi dei dati e delle informazioni del sistema, per essere poi utilizzati nella intelligence artificiale. I software che quotidianamente utilizziamo, i videogiochi che rendono virtuale il nostro movimento proiettandolo nello schermo, hanno come scopo quello di creare dei robot, delle strutture in grado di produrre dei pensieri chiamati statici, proprio come giù avviene nel sistema industriale, in cui macchine creano macchine. Tali sistemi sono programmati in maniera statica, in realtà vi è dietro l'intelligenza artificiale che è quella dinamica che lavora e pensa. Un sistema statico per eccellenza è quello del sistema bancario, perché è ha una intelligence statica programmata: i computer che lavorano nelle banche non sono altro che dei client, delle postazioni che devono solo ripetere ciò che dice un software, e in quel programma risiede la scienza del sistema. Il denato viene tracciato e distribuito, ogni singolo assegno emesso viene registrato, così come automaticamente vengono raccolti ogni tipo di dato che è associato ad una determinata transazione.

Il problema è che non esiste organo o istituzione oggi che vigila su tale sistema "pensante", perché nella nostra civiltà di serviamo di organi come la giustizia e la polizia che non arriva sino a quel punto. Attualmente se un cittadino italiano va all'estero con la sua macchina e lo fa una sola volta, viene segnalato e i suoi movimenti registrati e archiviati, se una persona statisticamente consuma 30 euro di telefonate al mese dal suo Gsm e di colpo inizia a spendere di più viene segnalato, e una persona con la sua carta di credito comincia a spendere al di là delle sue statistiche viene segnalato. Dietro ogni nostro movimento vi è una Banca dati che cresce e incamera le nostre informazioni, elaborate poi da programmi e computer ad altissima generazione. Il pericolo più grande si nasconde proprio in questi computer pensanti, che con il tempo si stanno sostituendo all'uomo. La intelligenza artificiale fa di noi degli zombi, perchè le nostre capacità di calcolo diventano sempre più lente, atrofizzate, pigre. Una cosa che può farvi riflettere è il fatto che l persone dell'est conoscono molte lingue, la loro memoria è stata infatti meno bersagliata dallo stress tecnologico a cui noi siamo stati sottoposti: il malessere mentale di cui oggi soffriamo ci rende sempre più stanchi, sempre più dipendente dalle strutture che devono controllarci. Questo ci ha portato man mano a costruire una società imperniata sui controllori, sui giudici, che devono vigilare su ogni singolo processo della nostra vista. Testo di legge di recepimento Convenzione di Budapest

La tecnologia deve dunque evolvere verso la intelligenza artificiale che controlli e sostituisca il pensiero umano, e le multinazionali che controllano le reti sono già arrivare a quella struttura di potere per controllare la politica: la destra, o la sinistra, sono alla fine un'uguale faccia della stessa medaglia. Il rischio per la società si comincerà ad avvertire quando inizierà la commercializzazione dell'intelligenza artificiale, che ha catturato tutti i nostri dati, e sarà sempre più indispensabile per i nostri processi lavorativi. A quel punto gli scienziati artificiali saranno i paladini della giustizia, mentre i politici, la magistratura e la polizia dovranno proteggere la proprietà intellettuale. Gli ultimi sviluppi dei progetti di legge a protezione della proprietà intellettuale in generale vanno proprio ad agire in tal senso, creando un meccanismo burocratico più protettivo e allo stesso tempo uguale per ogni Stato Europeo al fine di far valere quella proprietà intellettuale in ogni Stato. Le modifiche introdotte nel 2000 puntano ad alleggerire i meccanismi della procedura unica individuata dalla convenzione, introducendo poi ufficialmente nel sistema di rilascio dei brevetti europei alcune semplificazioni derivanti dalla prassi - come la ricerca di anteriorità, cioè la verifica dell'esistenza di brevetti identici o simili - e nuove regole per accelerare le procedure di opposizione al rilascio di un brevetto. Vengono inoltre introdotti una nuova serie di reati informatici, di cybercriminalità al fine di colpire la manomissione delle informazioni altrui protette da diritti, ma non certo la manipolazione dei dati da parte di coloro che li hanno rubati per appropriarsene. Saranno istituiti crimini come l' accesso illegale, intenzionale e senza diritto, ad un sistema informatico, le intercettazioni di dati, l'attentato all'integrità dei dati, (danneggiamento, cancellazione, deterioramento, alterazione e soppressione dei dati informatici, l'attentato all'integrità dei sistemi, e infine l' abuso intenzionale di dispositivi. ( Si veda Relazione al Dll del 10 Maggio che recepisce la Convenzione di Budapest del 2001 )

Oggi abbiamo ormai privatizzato lo Stato, calpestato la Costituzione, e abbiamo affidato la legge e il potere sovrano ai controllori, ai giudici paladini di lotte alla mafia, ma così facendo abbiamo solo tagliato i rami della grande pianta della criminalità, senza mai pensare al seme che la fa crescere. Per colpire e controllare la massa oggi vi sono due strutture di controllori che operano, quelle che agiscono con uomini e mezzi al fine di colpire la massa globale, e quelle che operano con strumenti più raffinati, con software di contabilità e schemi societari, si muovono con guanti bianchi nell'alta finanza, facendo scomparire tutto nelle loro scatole cinesi. Da una parte abbiamo la Mafia che tutti noi conosciamo, che organizza la criminalità, dall'altra i giudici, i politici che chiudono il sistema agli strati sociali più difficili da colpire. Entrambe tali strutture sono solo il braccio di un sistema che è governato da programmi pensanti. Perché allora i nostri giudici, quando hanno condannato le Banche per anatocismo non hanno condannato anche chi ha elaborato il programma che gestiva il circuito finanziario. Allo stesso modo, quando una società viene colpita dalla pirateria in modo che il suo prodotto debba diffondersi per spingere le persone a non farne più a meno, i magistrati dovrebbero indagare su coloro che truccano le carte per avere un utile economico, ai danni di coloro che hanno falsamente creduto nel guadagno immediato. Per cui i nostri magistrati invece di divenire paladini di cause perse e di giustizie ingiuste, devono necessariamente chiedere ad alta voce, che vengano portate avanti le indagini sulla società di programmi che gestisce le nostre reti.

21 maggio 2007

L'Italia Multinazionale vende il made in italy

Nella pianificazione delle politiche economiche dei governi e delle istituzioni sovranazionali sta emergendo una forte tendenza alla globalizzazione che rischia di colpire e di danneggiare il made in Italy. Una constatazione che deriva non solo dall'atteggiamento dei nostri governi dinanzi ai tentativi di incursione del mercato nazionale e di appropriazione dei marchi italiani, ma anche dalla visione del marchio italiano da parte degli investitori esteri.

I marchi del "made in italy" oggi sono sinonimo di un prodotto con alto rapporto prezzo-qualità, rafforzato dal prestigio e dalla esclusività dei processi produttivi, tuttavia vengono allo stesso tempo messi in discussione e continuamente attaccati con tentativi di delegittimazione del "marchio" o di contraffazione. Il mercato del falso "made in italy" è oggi il nuovo business in cui molte società hanno investito nel tempo, anche multinazionali o diretti concorrenti, in quanto ha consentito pian piano di sabotare il marchio del prodotto italiano, e mettere così in discussione il mondo del "made in italy". È stata infatti la contraffazione, controllata e ben studiata dalle multinazionali, a rendere necessario i controlli e le etichette per certificare la provenienza del prodotto italiano. Il risultato, per quanto paradossale possa sembrare, rischia di nuocere il "made in italy" stesso, con la pretesa di difenderlo, andando a privare di tale denominazione le società italiane che sono state acquistate dalle multinazionali e che, per questo motivo, hanno impostato la loro produzione secondo delle logiche della globalizzazione. La nuova normativa europea sulla etichettatura degli alimenti potrebbe infatti compromettere il marchio "made in italy" per la produzione dell'olio extravergine, o dei prodotti conservieri, o degli stessi formaggi italiani. È ciò che si può constatare dalle analisi dei media internazionali, che fanno elegantemente notare che, una volta introdotta la normativa europea dell'etichettatura dei prodotti, si potrebbe arrivare a scoprire che solo il 30% dell'olio venduto come Made in Italy, è in realtà proveniente da coltivazioni italiane. L'attuale normativa permette che ciò accada in quanto si afferma che l'olio subisce in Italia un processo di raffinazione della materia prima e dunque di successiva lavorazione che consente di conservare questa denominazione. Se tuttavia, le norme europee imporranno la semplice dichiarazione della provenienza della produzione, la sola lavorazione successiva della materia prima non basterà a far conservare a quel prodotto il prestigio che deriva dal made in italy. In nuovo rapporto, infatti, pubblicato dal Ministro dell'Agricoltura Paolo De Castro precisa infatti che le etichette devono dichiarare il paese in cui sono stati coltivati gli ulivi e dove è avvenuta la spremitura, indicando così i vari paesi di origine delle miscele. Si riuscirebbe a cautelare in un certo senso le piccole imprese artigianali, ma non i marchi italiani che, sono stati nel tempo acquistati dalle multinazionali, come la Bertolli, di proprietà della Unilever, Carapelli, Cirio e altre che si vedrebbero tolta la denominazione di made in italy, per essere così inglobati in maniera totale nei meccanismi della burocrazia. Lo stesso discorso si può per analogia traslare su altri prodotti attualmente definiti italiani, come la salsa di pomodoro, prodotta dalla trasformazione di pomodori per lo più importati, la mozzarella, anch'essa ottenuta spesso da paste di importazione, il vino, il miele, la pasta. Così facendo, sebbene si andrà a colpire quelle società che abusano di tale denominazione, si danneggerà anche l'universo del made in italy, se la produzione di alcuni prodotti italiani perderà il suo marchio storico. Questo accadrà perché il concetto stesso di made in Italy non è ben concepito ed elaborato e viene spesso interpretato in maniera molto stretta: esso invece rappresenta la ricchezza stessa dell'Italia, è il motore del PIL e dell'economia dell'esportazione. Tale aspetto non viene spesso dovutamente considerato e incentivato dal governo e dall'Istituzioni che preferiscono invece puntare su quella che amano definire "l'Italia Multinazionale", ossia un'Italia che si apre agli investitori esteri e di avventura in investimenti diretti esteri. Dall'ultimo rapporto del Ministero del Commercio Internazionale, presentato dall'On. Bonino e dal Pres. dell'ICE Vattani, emerge un quadro dell'Italia internazionalizzata molto sacrificato, che mostra un'economia protezionistica e non promotrice delle partecipazioni estere mediante delocalizzazioni, una Italia in difficoltà nel produrre investimenti netti all'estero e nel attrarre investimenti dall'estero. La Bonino teme per esempio che l'Italia venga marginalizzata nel processo di riallocazione della produzione di beni e servizi sui mercati esteri, e per tale motivo occorre passare da un modello di promozione meramente commerciale ad un modello che favorisca la presenza stabile e l'integrazione sui mercati internazionali. In base a tali problemi il Governo afferma che si impegnerà maggiormente sulle politiche di attrattività degli investimenti diretti esteri sul territorio italiano con maggiori liberalizzazioni, per l'insediamento stabile degli investitori, e per fare dell'Italia una vera piattaforma di riferimento per le aree dinamiche del Medio Oriente e dell'Asia. Le liberalizzazioni diventano così quel motore che consentirebbe di far entrare investimenti e capitali in Italia, per essere poi riciclati e rigirati per la produzione di ricchezza all'esterno, con un'internazionalizzata che non si basi tanto sulle piccole e medie imprese, che di muovono solo con la rete e il distretto, ma sulle grandi società. In realtà il made in italy non è oggi nelle mani delle società italiane divenute multinazionali, ma è nelle mani delle piccole imprese, dei distretti, delle reti di aziende, che hanno ottimizzato i loro processi e producono il vero prodotto italiano. La ricchezza del settore della moda, non è nel marchio e nella griffe, ma è nella filiera di qualità, di produzione e di ricerca del settore tessile italiano. Allo stesso modo il settore delle calzature, ha il suo motore nei distretti conciari e artigianali che servono poi le grandi marche. Su di loro occorre investire, e su di loro che può basarsi lo sviluppo del made in italy, e non sui grandi marchi ormai globalizzati e privati di quella che è la italianità della produzione.

18 maggio 2007

Caro Bersani ci hai veramente aiutato

di Avv. Domenico Di Pasquale

È da qualche tempo ormai, che il ministro Bersani ci ha abituato all’idea che il suo decreto e le sue cosiddette “liberalizzazioni”, siano necessarie e indispensabili alla realizzazione di un rilancio economico e sociale del nostro paese. Citando quanto riportato dal decreto, si apprende quanto al ministro stia a cuore lo sviluppo, la crescita, la promozione della concorrenza e della competitività. Basta quindi, con la disoccupazione, con l’inefficienza dei servizi, con lo scarso rendimento della produttività, ma, soprattutto, basta con i raggiri, i soprusi e le ingiustizie, a danno dei cittadini. Allora, c’è da chiedersi, con queste iniziative e questi propositi, a chi non verrebbe voglia di inserire quest’uomo nel quadro di famiglia o addirittura di farlo diventare uno di noi; un uomo a cui il nostro benessere sta così a cuore. A questo proposito vogliamo rivelarvi una cosa: ci ha già pensato lui! E non solo! Con il Decreto Legge n. 223 del 2006, poi rivisto e convertito nella L. 248/06, di sua elaborazione e che porta, appunto il suo nome, infatti, conosce i nostri segreti più intimi come ad esempio la gestione dei nostri risparmi e perfino il nostro numero di conto corrente. Da buon padre di famiglia, sa quando sbagliamo e quali esemplari punizioni infliggerci aiutandoci nella gestione dei nostri “sudatissimi” guadagni.
Invitiamo, d’ora in poi, chi ha avuto la pazienza finora di leggere, di uscire da questo sogno per piombare nella realtà. Una realtà che vede, la misura adottata dal decreto Bersani, mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Infatti, già in alcune province italiane, lo Stato si è fatto sentire attraverso società private autorizzate ad avviare pignoramenti dei conto correnti dei cittadini. Il Fisco ha libero accesso all’anagrafe dei conto correnti, senza alcun controllo dell’autorità giudiziaria, intimando la banca di pagare direttamente l’esattore senza la presenza e, soprattutto, la garanzia del Giudice dell’Esecuzione, come di regola avviene negli altri pignoramenti. Questa normativa viola tutti quelli che sono diritti costituzionali fondamentali a cui nessun contribuente può rinunciare: il diritto alla privacy, il diritto a rendere la prova contraria, trattandosi di “presunti debiti”, il diritto alla difesa visto che non c’è alcun controllo di tutti quei requisiti affinché un debito possa essere riscosso (pignorabilità del bene, sussistenza del credito, regolarità delle notifiche etc.), né possibilità di difesa durante l’accertamento, né dopo che l’esproprio del conto è stato effettuato.
C’è da pensare che con la L. 212 del 2000 è entrato, in vigore, il c.d. Statuto dei diritti del contribuente, che prometteva numerose garanzie e che rivedeva, in parte, alcune norme del DPR 600/73 in tema di accesso ai conti correnti, solo sulla carta però! Infatti, questo c.d. Statuto è stato più volte rivisto e beffeggiato da numerose altre leggi che, implicitamente, hanno abrogato alcuni articoli in esso contenuti. Infatti, è solo una legge ordinaria e non Costituzionale!!
Accedendo, grazie al D.L. 223/06, lo Stato Italiano entra, una volta scaduto il termine di 60 giorni per pagare l’importo contestato nella Cartella di Pagamento, attraverso gli Enti concessionari della riscossione, silenziosamente, nei conti correnti dei malcapitati, sottraendogli l’importo che risulta capiente.
Solo nella città di Livorno saranno notificati in questi prossimi giorni, oltre 120 cartelle di pagamento.
Considerando che il Concessionario del servizio di riscossione dei tributi è un Ente privato, sembra, di colpo, essere tornati indietro nel tempo, privando il contribuente della più esile garanzia che la legge gli concede: il diritto soggettivo.
Si pensi, tra l’altro, che i Concessionari del servizio di riscossione hanno emesso in questi ultimi anni, ed attualmente nella sola Provincia di Roma, numerose Cartelle c.d. pazze. Quindi, è da domandarsi come mai un diritto come quello di proprietà del denaro, scaturente dalla redazione di un contratto di conto corrente, debba essere calpestato, violando palesemente i più elementari diritti costituzionali, dall’art. 97 Cost., della riservatezza a finire a quello della difesa di cui all’art. 24 Cost., anche sulla base di macroscopici errori della P.A.
Si finirà, ancora una volta, per ingolfare ancor di più la lenta macchina della Giustizia, con numerosi ricorsi a pioggia e richieste di rimborso alle rispettive Agenzie locali delle Entrate.
Caro Bersani ci hai veramente aiutato ….

17 maggio 2007

Il vecchio relitto della burocrazia previdenziale


I lavoratori marittimi chiedono un'assistenza previdenziale dopo aver subito gravi danni alla salute per l'esposizione all'amianto, ma il sistema burocratico italiano non risponde alle richieste e ai ricordi, tollerando l'indifferenza delle compagnie marittime.È questo ciò che traspare dalle vicende che stanno oggi colpendo i marittimi italiani che chiedono una pensione per invalidità, dopo aver trascorso mesi a bordo di una nave costruita con pannelli di amianto. Il caso è complesso e di snoda intorno ad una questione prettamente legislativa, una grande confusione di leggi e decreti che alla fine condannano delle persone che hanno lavorato un'intera vita a bordo di navi in condizioni non vivibili.

Con la legge 326/2004 sono stati estesi i benefici previdenziali per i lavoratori marittimi esposti all’amianto che prima non aveva. Così si è stabilito che le domande di pensionamento dovevano essere presentate all'INAIl, correlata di una dichiarazione delle compagnie marittime dell'esposizione del lavoratore di fatto all'amianto. Questa certificazione all'esposizione dell'amianto non può essere fatta senza una dichiarazione da parte della compagnia marittime che attesti che vi sia stata un'esposizione per la durata di di 8 ore al giorno. La competenza è stata poi trasferita dall'ultima finanziaria all'Ipsema (Istituto di Previdenza per il Settore Marittimo) che si è poi ritrovata ad affrontare i problemi e i disagi del trasferimento dei dati e dell'organizzazione delle pratiche per i successivi controlli.

Il problema è sorto quando le compagnie si sono letteralmente rifiutate di consegnare tale dichiarazione, per paura di trovarsi poi costretti a rimodernare poi le navi. Infatti gran parte della flotta marittima italiana è in uno stato precario o fatiscente, ma le società marittime non investono nella ricostituzione delle navi o nella rigenerazione della struttura: sono costi troppo elevati per essere sostenuti a così pochi anni di distanza dall'acquisto. Le società marittime, ovviamente sono dei privati, ragionano sulla base di opportunità o di svantaggi nel sostenere questo investimento, e per tale motivo ignorano il problema dell'esposizione dell'amianto. Da questo punto di visto si potrebbe anche arrivare a concepire che una società, per non compromettere utili o stabilità della propria situazione finanziaria, rifiuti di firmare una tale certificazione, ma non è possibile concepire il fatto che lo Stato permetta che non vengano rispettate le sue norme.

L'Ipsema stabilisce precisamente che occorre questa dichiarazione da parte della società, ma se i lavoratori non riescono ad ottenerla perché le società sono vaghe e sfuggono da questa cosa, perché lo Stato o i sindacati non bloccano tali comportamenti. I controllori dell'applicazione delle norme è lo Stato stesso, non può aspettarsi che le società di armamento facciano qualcosa contro i loro interessi, e per tale motivo non prevedere che nessuna società sarà disposta con la conciliazione tra le parti a rilasciare una certificazione sulla pericolosità delle navi. Sarà lo Stato a doversi attivare, come fa già per le altre pratiche di pensionamento per esposizione all'amianto, costituendosi parte civile accanto ai lavoratori stessi nella difesa dei loro diritti. Oggi invece, incontriamo solo indifferenza, disordine in questa macchina burocratica che fa lo scarica barile da un ufficio all'altro, senza risolvere il problema che gli viene proposto. Intanto però i lavoratori oggi stanno aspettano i riconoscimento di un loro diritto, ma soprattutto stanno aspettando che gli uffici si attivino per far rispettare le loro regole. D'altro canto, gli uffici stessi aspettano una risposta o un chiarimento sulla strategia da intraprendere, vogliono nuove istruzioni da parte del governo o dei Ministeri per avviare eventualmente delle procedure di ispezione e di controllo. Di fatto, però, gli uffici non hanno alcun potere ispettivo, e a quanto pare, è troppo difficile chiedere alle forze di polizia di fare un'indagine.

Per cui se molti puntano il dito sulle società di armamento colpevoli di reato, noi ci chiediamo invece se in questo caso sia il controllore a non aver controllato o è la società che coglie l'occasione per evadere? Dove sono allora le associazioni di categoria, dove sono i sindacati? Questo non è il solito crimine delle società, ma è l'usura della burocrazia, che non ha l'obiettivo principale di difendere il cittadino, ma di applicare rigorosamente norme e decreti, in un labirinto di leggi da cui non si esce più.

14 maggio 2007

La rapina in banca legalizzata


Il blocco dei conti bancari è realtà anche nello Stato italiano con la legge 286/2006, che consente all’Erario di prelevare dai conti correnti bancari e postali le somme dovute o presunte, senza l’avallo della Magistratura. È sufficiente infatti una qualsiasi sanzione per autorizzare gli agenti del fisco a prelevare direttamente le somme senza possibilità di contraddittorio e senza poter far valere le proprie ragioni.

Attualmente nella sola provincia di Grosseto sono stati pignorati già 120 conti correnti ad opera delle società nominate per la riscossione ( nel caso specifico Equitalia - società controllata da Agenzia delle Entrate e da Inps, prima chiamata Riscossione) che può accedere ai conti correnti ed effettuare autonomamente l'escussione senza chiedere l’autorizzazione del giudice, come avveniva in passato, per il fermo del conto corrente e il successivo esproprio. La legge prevede che tale procedura possa applicarsi solo nel caso di una morosità superiore ai 25 mila euro, ma il pignoramento è possibile anche per cifre inferiori.
Le procedure: nel caso di errori scusabili Equitalia invia al contribuente un avviso di irregolarità che dà 60 giorni di tempo per pagare le imposte con sanzioni ridotte ed interessi; poi la cartella di pagamento che dà altri 60 giorni. Invece, per le morosità più gravi si può avere un controllo formale o uno di merito. Per quello formale sarà inviata subito la cartella di pagamento che dà solo 60 giorni per saldare. Per quello di merito ci sarà prima l’avviso di accertamento (60 giorni di tempo) e poi la cartella (altri 60 giorni).
Il cittadino che crede di aver subito un ingiusto accertamento e quindi una richiesta di pagamento infondata può impugnare gli atti fino al giorno prima del pignoramento, mentre se il contribuente decide di pagare per evitare il blocco del suo conto bancario, allora potrà chiedere la rateizzazione a Equitalia.
I conti vengono bloccati di diritto al momento dell'emissione della cartella esattoriale, o inseguito ad un accertamento, che avrà tra le sue aree di investigazione anche la situazione patrimoniale dell'impresa o del singolo contribuente.
Questo è stato reso possibile proprio grazie all'utilizzo incrociato dei database, che dà accesso ai controllori ad un vasto insieme in modo da costruire un tracciato completo delle attività svolte dal contribuente, sia finanziamenti che investimenti, e stabilire con maggiore precisione il reddito prodotto.
Tali meccanismi renderanno senz'altro il fisco più efficiente in termini di controllo e di lotta all'evasione, ma implicherà per il contribuente un forte aumento dei costi legati al pagamento delle tasso. Anche nel caso di errore nel calcolo della cartella di pagamento, non si potrà fermare il prelievo, ma solo contestarne successivamente la legittimità dell'espropriazione. Le implicazioni sono più gravi di quanto si possa pensare, soprattutto in considerazione del fatto che l'eventuale prosciugamento dei fondi bloccherà l'attività del contribuente, impedendogli così di onorare i vostri impegni aziendali, sostenere le spese processuali per contestare l'appropriazione indebita, o ancora peggio, di garantire la sussistenza alla vostra famiglia.

Si verrà così a creare una situazione critica, dalla quale sarà difficile uscirne senza cadere la trappola della burocrazia, dei Tribunali e dei ricorsi all'ufficio dell'entrate, in quanto i soggetti che effettueranno le riscossioni sono società provate. Ciò dunque implica che la riscossione dei tributi dello Stato è tornata ai tempi in cui il sovrano nominava degli esattori per escutere le gabelle, oppure appaltava l'escussione a degli agenti privati che si rivalevano sulla popolazione per il triplo delle somme.
Lo Stato sta ormai scomparendo in tali procedure amministrative per fare il posto alle società di factoring o per il recupero crediti, che impongono pegni, fermi ed espropri seguendo la legge rigorosa del creditore che criminalizza invece il debitore. Per tale motivo i cittadini possono sperare di essere aiutati a curare le patologie del sistema burocratico solo ricorrendo all'assistenza delle associazioni di consumatori, o di rappresentanti legali che sono allo stesso tempo anche difensori dei creditori. Ecco perché nascono ed hanno molto successo le associazioni di consumatori: diventano il punto di riferimento del cittadino che si sente abbandonato dalle istituzioni e deve difendersi da un sistema usuraio, e per tale motivo accetta di divenire un utente. Le associazioni così rappresentano il fallimento della politica, il risultato dell'abbandono del diritto civico perché se da una parte consentono di risolvere una parte del problema recuperando le perdite, dall'altra non riescono a dare una chiara e decisa soluzione. Si sono sostituite ai politici senza tuttavia avere il potere di rappresentanza del popolo sovrano, firmano gli accordi che certificano la qualità dei servizi di Banche o Multinazionali e fanno ricorso contro tutte quelle procedure non ancora certificate. Tuttavia le associazioni devono salvare i vivi non i morti, devono riuscire a preventivare un problema e non proponendo la cura degli effetti. Così si asseconda il sistema ma non lo si ferma, perché si cade costantemente nello stesso errore.
Noi non siamo disposti a combattere una guerra che è stata già persa, per andare solo a sollevare i feriti in battaglia. Fanno gravare sulla povera gente ogni tipo di sacrificio, ma loro non si gravano di nulla e per questo occorre prestare attenzione. Tutto questo non potrà continuare in eterno e i tempi ormai sono maturi, e non si potrà nascondere ancora per molto la verità alle persone. Toglieremo il telo che copre le lordure di un sistema corrotto alla radice, che può essere capito solo mediante un'attività di analisi e di intelligence per arrivare a capire chi si nasconde dietro le Banche Centrali, dietro un sistema burocratico usurante.
La Etleboro mette così a disposizione di chiunque abbia subito già tali abusi uno staff di avvocati specializzati, nato allo scopo di prestare alle imprese e ai cittadini un servizio di assistenza legale e di intelligence, che consenta di abbattere i costi e i tempi per la risoluzione dei problemi.

11 maggio 2007

Condannata l'usura della Burocrazia


Il Tribunale di Venezia riconosce i danni esistenziali ad un'impresa che ha subito l'accanimento del fisco e il labirinto della burocrazia non razionale. Un'importante sentenza in difesa di una piccola impresa che si vede riconoscere dei danni non patrimoniali per l'usura causata dalla truffa del suo consulente, e dall'assurda incapacità della pubblica amministrazione di porre fine ad una procedura di oltre 15 anni.

La sentenza contro il Ministero dell'Economia e delle Finanze ( causa 2391/02 presso la terza sezione civile del Tribunale di Venezia) è una condanna esplicita e importante dell'usura provocata dalla burocrazia, quando diventa un labirinto di procedure e atti amministrativi che non hanno un senso logico, e scaturisce dal rimbalzare di una richiesta o di un fascicolo da una scrivania all'altra, senza che nessuno si fermi ad analizzare il caso nella sua totalità.
Senza entrare nel merito della controversia tributaria, il giudice tiene a precisare che essendo l'impresa vittima di una truffa da parte del suo commercialista, la pubblica amministrazione aveva il dovere di arrivare ad una soluzione che cautelasse il cittadino in una situazione di bisogno. Come logica vuole, i burocrati avrebbero dovuto prendere atto della richiesta di aiuto e della buona volontà mostrata da due imprenditori che chiedevano assistenza, mentre si sono limitati ad applicare delle procedure formali, ognuna fine a se stessa, perché non aveva una coerenza con il resto degli atti già consegnati.
La P.A. è responsabile per omissioni e ritardi, per la violazione della regole d’imparzialità e correttezza, dell'inutile e infondata reiterazione di contestazioni infondate, dato che era stata già dimostrata la responsabilità del professionista, di aver continuamente richiesto dei documenti già in possesso dell’Amministrazione. Intoppi burocratici, prassi interpretative non coerenti, il mancato sgravio delle sanzioni, delle sovrattasse, degli interessi hanno portato alla rovina un'impresa e una famiglia, che per 15 anni ha subito le pressioni e lo stress dei tribunali, degli uffici. Gli atti dell'Amministrazione, seppur legittimi, hanno difettato di logicità, e questa serie di comportamenti hanno condotto l'impresa ad un stillicidio di contestazioni, a catena, pervenute sempre in ritardo e con errori di calcolo sia negli interessi che nelle sanzioni. Tutto questo con l'aggravante che gli imprenditori hanno chiesto più volte di arrivare ad una conciliazione che chiudesse la storia una volta per tutte: hanno subito una violazione dei loro diritti, come sancito dall'art.97 della Costituzione.Sentenza Tribunale Venezia

Ma ciò che più di altre cose preme sottolineare, è che il Giudice difende questa impresa non come "utente", come numero a cui corrisponde una cartella esattoriale o uno storico delle banche dati, ma come cittadino, che in quanto tale ha il diritto inalienabile di non essere ucciso o rovinato dalla burocrazia, dallo Stato. Per tale motivo vi sono i fondamenti per chiedere il risarcimento di un danno non patrimoniale, ma esistenziale, derivante dall'usura e dalle pressioni subite che hanno compromesso il tenore di vita della famiglia.

Questo rappresenta, anche se debole, una prima conciliazione verso il riconoscimento del danno biologico provocato da eventi che colpiscono la sfera patrimoniale e non solo fisica: il confine che divide il danno morale, esistenziale e biologico è quasi evanescente, e forse la vera differenza sta proprio nei fiumi di inchiostro della dottrina e della giurisprudenza.
A questo proposito, la Cassazione si è spesso espressa, (sentenze n. 19965/2006 - n. 20616/2006 - n. 6572/2006 ), affermando che i danni causati da mobbing sono risarcibili purché provati rigorosamente con documentazione medica sulla natura e sulle caratteristiche del danno stesso: per il danno biologico deve essere visibile la lesione dell'integrità psicofisica medicalmente accertabile, mentre il danno esistenziale va dimostrato come pregiudizio che alteri le abitudini e le relazioni inducendo a scelte di vita diverse rispetto alle capacità o alle prospettive. Il problema tuttavia sorge quando non vi sono ancora degli strumenti scientifici adatti a dimostrare il danno invisibile che logora pian piano l'organismo per poi manifestarsi con malattie incurabili, di apparente origine biologica o genetica. La legge e la politica continua ad ignorare l'esistenza di una diretta correlazione tra il debito e la malattia, nonostante questo sia dimostrato da quella parte di scienza spesso isolata. In funzione di tali dubbi persistenti nella giurisprudenza, il danno biologico spesso non viene neanche preso in considerazione nelle cause condotte contro l'anatocismo, l'usura bancaria o l'accanimento dei creditori, che si risolvono così in un rimborso dell'indebito o dei soli danni patrimoniali che siano perfettamente quantificabili.
Sentenza Tribunale Venezia
I rischi dell'accanimento del fisco sono ancora in atto, e cambiano al mutare delle esigenze. È stato infatti rilevato che le società private incaricate dallo Stato di riscuotere tributi, tasse e sanzioni hanno avviato direttamente i pignoramenti dei conti correnti, nel pieno rispetto della legge. Diverse persone si sono viste così sottrarre dai propri conti correnti delle somme a copertura di cartelle esattoriali e quindi per presunti debiti.
Il secondo decreto legge 262/2006 , consente infatti agli esattori il "libero accesso all'anagrafe dei conti correnti senza il controllo dell'autorità giudiziaria", e prevede l’espropriazione diretta senza la necessaria vigilanza del Giudice delle Esecuzione, senza, quindi, verificare se quei soldi possono essere o meno pignorati, se sono destinati alla sussistenza della famiglia, al pagamento di un mutuo. Anche in questo caso viene dimenticato il principio costituzionale che lo Stato non può portarci al fallimento, o meglio, non può rovinarci, non può ucciderci.
Il contribuente non può esercitare opposizione fiscale all'accertamento cartolare del Fisco, ma solo dopo che perviene la cartella esattoriale, e il Fisco si presenta con il titolo esecutivo per incassare. Oggi, con la nuova legge il contribuente quindi non può difendersi, né durante la fase dell'accertamento, subendo il furto dei suoi dati o la violazione della sua privacy, né dopo nella fase dell'escussione.

Oggi, la virtualizzazione dell'economia ci porterà a combattere ogni giorno contro la burocrazia delle multinazionali e le entità private, che lentamente si stanno insinuando nell'offerta di servizi pubblici per divenire ben presto i soli a gestire le attività amministrative. Ciò che è in atto non è solo la privatizzazione o la liberalizzazione, ma è anche la dismissione da parte dello Stato di tutte quelle attività molto costose per una struttura grande e centralizzata, verso delle entità che si propongono con dei meccanismi pratici e virtualizzati. Il rovescio della medaglia è che ci troveremo dinanzi a delle entità che non conosciamo, e saremo costretti a subite in silenzio le conseguenze.

10 maggio 2007

Il progresso tecnologico per fermare l'evoluzione umana


Nel corso degli ultimi 20 anni, la tecnologia ha avuto come unico scopo quello dell'automatizzazione totale del processo di produzione e di fare convergere i modi di lavorare dell'uomo e della macchina in modo da preparare così la sostituzione dell'uomo con i computer ed i robot. Il loro lavoro si limita a seguire delle procedure rigide e definite apriori, e in particolare si è arrivati a studiare dei processi lavorativi che sono sempre più vicini ai linguaggi dei computer al fine di facilitare la sostituzione dei lavoratori con le macchine, non solo per nei processi di assemblaggio e meccanici, ma anche in quelli di elaborazione e di lavoro mentale.

Nelle imprese si è assistito ad una "meccanizzazione" dei metodi di lavoro, ivi compreso il settore terziario, infatti i dipendenti hanno sempre meno discrezionalità nelle decisioni da prendere. Grazie alla robotizzazione, all'informatica, ed all'intelligenza artificiale, la produzione ed il trasporto dell'energia e delle merci si realizzano quasi interamente mediante dei sistemi automatici. Il numero di persone realmente necessarie al buon funzionamento del sistema produttivo è largamente inferiore al numero di salariati attuali. L'evoluzione dell'automatizzazione e della virtualizzazione dei processi produttivi, sta portando ad una sempre maggiore disumanizzazione dell'economia che provocherà una diffusa disoccupazione se non vi sarà una sorta di riconversione industriale.
Questo scenario è già reale, in quanto tutti con i nostri occhi vediamo che le grandi multinazionali il più delle volte non hanno una struttura materiale o comunque hanno basato il loro impero economico sull'automatizzazione dei processi industriali e su quelli amministrativi. Ciò che invece sfugge alla nostra osservazione è quel processo di disumanizzazione nel vero senso della parola, ossia di stravolgimento della stessa natura umana e del suo pensiero. Questi due effetti si avranno con l'impianto di strutture di nano-biotecnologia, come i chip e molecole biologiche artificiali, e con la proiezione della quotidiana vita umana nel mondo virtuale. Basti pensare al progetto di "Second Life" che ha costruito un'isola virtuale da visitare e vivere con la creazione di un account e di un "avatar" che sarà il nostro alterego e ha la possibilità di acquistare, vendere e produrre beni o servizi, oltre che di condurre una vita normale, grazie ad un videogioco che simula perfettamente la società reale. Anche i videogiochi che oggi si rivolgono ad un pubblico adulto consentono di interagire con l'azione del gioco mediante il nostro ologramma. In realtà i videogiochi che in questi anni abbiamo sviluppato e testato ci hanno proiettato in questa dimensione virtuale e sono serviti alle sperimentazioni dell'intelligenza artificiale. Esistono già infatti dei software in grado di svolgere le funzioni di polizia e di controllo, di elaborazione dei dati, o di consulenza. È chiaro dunque che vi è un processo di disumanizzazione che è ha l'obiettivo di bloccare l'evoluzione dell'uomo e di appropriarsi della sua intelligenza, mercificandola al punto da divenire l'oggetto di processi automatizzati.
Tale processo diventa poi evidente con la creazione degli androidi, degli umanoidi costituiti da uno scheletro metallico, di tessuti artificiali dotati di sensori nanometrici, di un cervello che costituisce il computer centrale: le cellule artificiali localizzano il movimento umano, le macchine fotografiche e le videocamere scannerizzano e riconoscono i visi e i gesti, mentre mediante dei microfoni riescono a sostenere un discorso. Jules della Hanson Robotics o lo Geminoid dello giapponese Ishiguro sono tra gli esempi più popolari di umanoide che clona l'uomo sia nell'aspetto che negli atteggiamenti. I robot non solo altro che media di informazioni, il loro ruolo principale nel nostro futuro è di interagire naturalmente con le persone, grazie ai suoi software di emulazione dei comportamenti a alla sua struttura antropomorfica e bipede, in modo che possono lavorare in ambienti umani con caratteristiche architettoniche con gradini. Ormai vengono considerati dai loro creatori come delle persone vere, in grado di suscitare così la più naturale comunicazione.

Il namomondo ha così aperto delle opportunità affascinanti come il calcolo quantistico, l'elettronica molecolare, diffusione della tecnologia a basso costo, medicinali pilotabili. Tutto questo però va a drogare gli uomini perché influisce in tutto per tutto sugli stati mentali e sulle folle. Vi è alla base di tutto, e nelle mani delle multinazionali dell'informatica e dell'elettronica, un programma che mette in correlazione le tecnologie nanometriche, biologiche, informatiche, cognitive, sociologiche al fine di migliorare le prestazioni umane, le sue capacità di apprendere e di difesa. La convergenza delle scienze deve riuscire a creare un modo "perfetto", un mondo in cui non esistono malesseri o bisogni, e tutto questo grazie alle macchine intelligenti, alla scomparsa completa degli ostacoli alla comunicazione generalizzata, causata dalla diversità delle lingue. Questo progetto è la diretta conseguenza logica delle tesi cybernetiche secondo le quali il reale ed il virtuale si confondono per la riduzione degli oggetti fisici e biologici ai principi dell'informazione.
La cybernetica ha condizionato il mondo della comunicazione e i processi di controllo ma ha reso effettivo il passaggio della fisica alla biologia annullando ogni distinzione tra vivente e non-vivente. Con la digitalizzazione e la virtualizzazione ogni informazione genetica e biologica è diventato un dato elettronico, mentre le idee e i pensieri non controllabili divengono dei "virus sociali" con degli effetti deleteri tanto quanto i virus biologici. Per tale motivo la nostra cultura e la nostra storia, nonché l'informazione, viene studiata e classificata con metodi bioinformatici, per arrivare poi a comprendere e dominare i misteri del genoma umano. Si arriva a creare degli "automi mentali" che possono essere dominati e controllati, perché le correnti di pensiero diventano degli oggetti quantificabili: l'etica, la morale, la religione, la politica, sono tutte aeree oggetto di studio che vengono matematizzati. Il mondo viene compreso se matematizzato, mentre diventa un virus sociale se non si può scrivere come un logaritmo. Il dolore, la gioia, l'amore possono così essere tradotti con dei software che possono essere installati sugli umanoidi.
Questa correlazione "nano-bio-info-cognitivo-sociologico" diventa così l'apoteosi dell'imperialismo tecnico ed economico, diventa quello che tutti chiamano Nuovo Ordine Mondiale. Piano piano in politica si affermeranno sempre più le ideologie transumatiste, bioetiche che rivendicano l'utilizzazione libera delle nuove tecnologie per superare i limiti del genere umano e migliorare le sue capacità fisiche e mentali, perché l'ingegneria genetica ed le nanotecnologiche dovranno cancellare le sofferenza di essere vivente.

09 maggio 2007

Il mandato di arresto europeo e la distruzione dei principi Costituzionali


La Corte di Giustizia europea conferma la validità della decisione quadro del Consiglio europeo relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri. Viene così posto un importante precedente da osservare nelle procedure di recepimento dei principi comunitari sul mandato d'arresto europeo per arrivare alla creazione dello spazio comune europeo giuridico.Nel corso dell'iter giuridico che porterà all'istituzione del mandato di cattura europeo, continuano le resistenze dei popoli europei che contestano il fatto che con l'accettazione delle norme quadro del Consiglio Europeo siano state violate le norme costituzionali. Il particolare la decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/584/GAI introduce un sistema semplificato di consegna, tra le autorità giudiziarie, di persone condannate o solo sospettate, ai fini dell’esecuzione di sentenze o per sottoporle all’azione penale, che sostituirà l'estradizione all'interno degli Stati Europei. Le politiche riguardanti la giustizia ed affari interni (GAI) sono state definite dai più alti esponenti politici comunitari come terzo pilastro del Trattato di Amsterdam, accanto alla definizione di una politica estera e di sicurezza comune (PESC, secondo pilastro) e alle consuete normative comunitarie. C'è da precisare che l'ispirazione di questo accordo è profondamente differente da quella che ha governato il processo di integrazione comunitario, e si avverte un certo slancio, un salto di qualità perché disegna un modello di mera “integrazione negativa” (il semplice abbattimento delle barriere che è alla base del mandato di arresto) votato alla sola creazione di una unica struttura europea che svolga semplicemente attività di impulso dell’azione giudiziaria (Pubblico Ministero europeo), senza le necessarie garanzie e i dovuti contrappesi che caratterizzano un sistema normativo completo e organico. Il primo passo è stato quello del “mutuo riconoscimento”, basato sulla coesistenza e la reciproca fiducia tra i sistemi dei diversi paesi europei, con l'abbattimento delle procedure di estradizione dei cittadini europei per determinati reati, derogando alle leggi nazionali si ciascun Stato. Si rinvia poi alla legislazione nazionale la disciplina e il chiarimento delle modalità e delle fattispecie che vanno ad adeguare lo stato ai principi comunitari.Legge quadro 584/2002


Tuttavia sorgono dei gravi problemi di compatibilità delle leggi comunitarie con il diritto interno, tanto che i casi di incostituzionalità sono evidenti e innegabili. Innanzitutto il mandato di cattura europeo viola il principio di tassatività della norma penale e la richiesta “riserva di legge” per le norme penali, in quanto è basata su una lista che non rispecchia tali principi e costituisce semplicemente una vaga e sommaria enunciazione di “oggetti” rilevanti per il diritto penale. Anche se la definizione viene rimessa ai Parlamenti nazionali, la differenza dei concetti giuridici potrebbe comunque creare dei problemi di legittimità, soprattutto se non esiste una corrispondenza perfetta del diritto tra i diversi Stati. Il Mandato di arresto Europeo viola i principi costituzionali sulla libertà personale come stabiliti dall’articolo 13, e degli artt. 104 e 111 della Costituzione, in quanto deroga delle leggi che derivano proprio dall'applicazione e dal rispetto dei principi costituzionali. Inoltre viola i principi costituzionali in materia di estradizione, articoli 10 e 26 della Costituzione italiana, con le conseguenti norme per la protezione e la promozione dei diritti fondamentali del detenuto. La proposta viola anche le limitazioni sulle materie giuridiche previste dagli articoli 31 e 34 del Trattato sull’Unione Europea, perchè invade le competenze delle autorità nazionali. Inoltre, tale sistema rende possibile eseguire una pena in applicazione della legge penale di un altro paese, i cui principi appartengono ad un altro ed estraneo sistema giuridico: si dà effetto e validità sul territorio dello Stato italiano alla legge penale di un altro stato sovrano. Dunque rappresenta una violazione della sovranità degli Stati anche la creazione di uno “Spazio Giuridico Europeo Comune”, perché al suo interno non solo possono essere comminati automaticamente ordini di custodia, ma anche il diritto nazionale, formatosi attraverso i secoli e basato sull'identità di una nazione, viene cancellato. Non si prevede infine alcun intervento dell’autorità politica centrale e l'attività di collaborazione è limitata al coordinamento tra le sole autorità giudiziarie, cosa che va al di là anche dei patti della Convenzione Schengen che permetteva un contatto diretto tra le autorità giudiziarie solo sul terreno della cooperazione giudiziaria. Un altro problema che può sorgere è che alcune legislazioni nazionali prevedano un’ampia possibilità di perseguire anche crimini commessi fuori del loro territorio, persino da non cittadini creando una sorta di giurisdizione universale che gli ordinamenti nazionali possono creare per alcuni crimini.


Sentenza Mandato di CatturaDello stesso tenore, sono le obiezioni che sono state sollevate dinanzi alla Corte di Giustizia Europea da parte di un'associazione Belga che ha impugnato la legge,che il governo aveva promulgato per recepire le norme sul mandato di arresto europeo, per incostituzionalità. Si contesta innanzitutto il fatto che questo tipo di norme poteva essere emanato mediante una convenzione e non una legge quadro, che è di solito utilizzata per le misure di armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Inoltre la norma viola il principio di uguaglianza e non discriminazione perché il mandato di cattura deroga alla legge nazionale solo per una lista di reati, creando così una distorsione e una diversa tutela dei cittadini a seconda del crimine commesso. Questo avviene in conseguenza di un'altra grave violazione del mandato europeo, ossia l'eliminazione del requisito della doppia incriminazione, utilizzato nelle procedure di estradizione per garantire che vi sia un eguale considerazione del reato e esista così una corrispondenza tra i sistemi giuridici. Se si ammette che questo principio venga disatteso e ignorato, e si vuole accordare a questa fonte del diritto comunitario tanta importanza, allora i principi Costituzionali saranno superati dal diritto comunitario: questo non può accadere, nel modo più assoluto perché lederebbe anche il Trattato di Maastricht. Viene infine sottolineato che la legge quadro viola anche il principio di legalità in materia penale poiché la legge quadro non elenca alcun reato, ma solo delle categorie. Tali considerazioni sono state in questi anni ampiamente condivise, e rappresentano dei validissimi ostacoli all'introduzione di questo tipo di norme, ciononostante la risposta della Corte di Giustizia Europea manipola a tal punto la lettera delle norme che arriva ad una sentenza confusa e forzata. I giudici affermano innanzitutto che la legge quadro è legittima proprio perché il Consiglio di Europeo può decidere, a sua discrezione, quale strumento utilizzare, e che le norme sul mandato di cattura non fanno altro che eliminare gli ostacoli all'armonizzazione del diritto europeo. Sulla violazione del requisito della doppia incriminazione, continua a rispondere in maniera vaga ed raggira l'eccezione sollevata: la Corte ammette che anche sussistendo la violazione della doppia incriminazione, il principio di legalità viene comunque rispettato. Infine sull'esistenza di categorie giuridiche penali così vaghe, risponde che gli Stati membri hanno fatto un accordo basato sul riconoscimento e l’elevato grado di fiducia e solidarietà, e precisa che è comunque rimessa ai Parlamenti Nazionali la definizione dei reati. Legge n.69/2005


La Corte di Giustizia ha liquidato la questione con troppa leggerezza e superficialità e non può restare in silenzio dinanzi alle accuse di violare le Costituzioni degli Stati Nazionali. La decisione assume delle sfumature ancora più preoccupanti se si pensa che ogni Stato sta ora recependo questa legge quadro, conservando di tanto in tanto qualche clausola di riserva per cautelare la posizione dei suoi cittadini e di coloro che si trovino sul territorio italiano al momento della ricezione del mandato. Il Parlamento Italiano, in particolare, ha recepito tali disposizioni con la Legge n.69/2005 , e in particolare ha ammesso la possibilità di derogare alle procedure di estradizione e di consentire l'assenso del requisito di doppia incriminazione (artt. 7 e 8) per alcuni reati, con una clausola di riserva al co.3 art.8, all'art.18 (in particolare let. e) e p) ) che presuppongono l'esistenza di una certa reciprocità tra gli ordinamenti giuridici degli Stati Membri. È stato statuito che "se il fatto non è previsto come reato dalla legge italiana, non si dà luogo alla consegna del cittadino italiano se risulta che lo stesso non era a conoscenza senza colpa della norma penale dello Stato membro", e che si rifiuta la consegna "se la legislazione dello Stato membro di emissione non prevede i limiti massimi della carcerazione preventiva". Quest'ultima previsione è stata contestata dalla stessa Corte di Cassazione, che l'ha ritenuta lesiva del diritto comunitario e ha stabilito che sono ammessi i mandati di arresto emessi da Paesi che non prevedevano limiti massimi alla custodia cautelare, e dunque che abbiano condizioni di trattamento diverse da quelle dell'ordinamento italiano. Il sistema di controllo della reale applicazione delle direttive è ormai chiuso da una macchina burocratica che non può essere fermata, ma che porterà alla distruzione delle Costituzioni degli Stati e alla creazione di un'entità giuridica sovranazionale, la SIS II, dalla quale verranno spiccati i mandati di cattura europei dopo aver ricevuto le segnalazioni da parte degli Stati (si veda art.11 legge 69/2005). Il SIS è un sistema di dati di varie tipologie, che è distinto ma direttamente collegato al progetto di Eurojust e Europol, volti a creare un sistema giudiziario tutto europeo, un "quartiere generale" della rete giudiziale in quanto unità centrale che lavora in coordinamento coi punti di contatto nazionale. La creazione di uno stato di polizia accentrato nelle mani di un organismo non eletto dal popolo è ormai vicina, ed è evidente che esiste una regia che manipola e forza le leggi al solo scopo di arrivare al compimento di questo quadro. È un circuito di leggi e di meccanismi burocratici che inizia dalla Commissione Europea e termina con la Corte di Giustizia Europea, e non vi sono molti spiragli per la volontà popolare se ormai persino la Costituzione viene calpestata. I popoli sono così vulnerabili e indifesi, perché ogni ultima decisione è rimessa ai capi di Stato o ai Commissari, eliminando persino la possibilità della consultazione mediante il referendum. Anche se si riuscirà ad ottenere il referendum, sarà la disinformazione ad agire, manipolando anche in questo caso il pensiero delle persone. Questa è dunque l’Europa che deve portare la pace e la prosperità dei popoli?


08 maggio 2007

La politica nelle mani della disinformazione e delle Associazioni


Le presidenziali francesi con la vittoria di Nicolas Sarkozy sono state accolte dalla Francia con grandi dubbi e perplessità, facendo delle manifestazioni notturne la vera cerimonia di inaugurazione di questo nuovo Presidente. La Francia si prepara così ad immettersi in una spirale di caos e confusione, mentre chi detiene il potere porterà avanti la politica del controllo delle risorse e delle masse. Chi ha eletto Sarkozy ha scelto la politica del maggior rigore e dell'efficienza del liberismo e dell'integrazione, spinto dal desiderio di avere di un tenore di vita più elevato e dignitoso, e dalle stesse parole di lotta all'inflazione e alla speculazione della BCE contro l'economia degli Stati.
Tuttavia, dopo aver condotto una campagna elettorale fortemente fortemente critica nei confronti della politica economica della Banca Centrale Europa, a pochi giorni dal ballottaggio, Nicolas Sarkozy fa un piccolo passo indietro e ammette di aver compreso che le sue richieste sono poco ragionevoli e non applicabili. Non dimentichiamo che più volte ha reiterato le sue critiche contro l'euro, affermando di voler scatenare un'offensiva diplomatica per ottenere dai partner europei che facessero pressione sulla BCE ed elaborare un vero governo economico dell'Europa, in modo da mettere fine alla supremazia della Banca Centrale sulle esigenze degli Stati nazionali. Per mesi ha dichiarato che avrebbe combattuto quella politica dell'euro che sottrae alle persone e alle imprese potere d'acquisto, che asseconda la Federal Reserve ma non i bisogni dei cittadini europei.
Terminata la campagna elettorale, d'un tratto Sarkozy ci tiene a precisare che chiederà semplicemente che la BCE accetti di provare a rendere flessibile la politica monetaria europea, impegnandosi il Governo a tenere una politica di rigido controllo del rialzo dei prezzi. I funzionari della BCE hanno infatti risposto che saranno tutte vane in ogni caso, i tentativi di una riforma dello statuto su iniziativa degli Stati nazionali, e ha infine precisato che la Francia chiede in prestito euro al 3,85% con contratti a 50 anni per finanziare il suo debito, e che è obbligata a dare fiducia alla nostra moneta.
"Nessuno politico deve esercitare di pressione sul BCE", ha affermato uno dei funzionari, concludendo che non è possibile imporre delle costrizioni all'azione del BCE perchè è, e resta, un'istituzione indipendente.
Se prima l'obiettivo era riformare la BCE per renderla vicina agli Stati, ora diventa il controllo del rialzo dei prezzi da parte dei commercianti: tra queste due cose vi è un abisso, ed è anche la prova della grande sceneggiata che stata fatta al solo scopo di conquistare i voti di quella parte dell'elettorato che non vuole l'Europa dei Banchieri, e che desidera una Francia libera. Sarkozy ha così giocato sporco, perché ha strumentalizzato la controinformazione e i movimenti di contrasto all'euro, per conquistare un determinato elettorale, e poi ritirare le sue stesse parole, meschinamente affermando che non esiste alcun "patto scritto" con i partner europei sulla possibilità di una riforma della BCE. Questo comportamento dimostra dunque come la politica può raccogliere e incanalare i consensi verso le decisioni del partito, delle lobbies di cui si fanno gli interessi, e che alla fine si lotta perennemente contro la disinformazione, che è un avversario troppo invisibile per essere eluso. Non esiste più una netta differenza tra controinformazione e informazione ufficiale, ma c'è una zona grigia che lavora dietro entrambe perché ognuna di esse ha lo scopo di catturare l'attenzione di una determinata parte della società. Su di esse poi si basa un sistema di potere piramidale che permette di convogliare una così grande massa e varietà di opinioni e pensieri verso un'unica direzione.Accordo Abi-Consumatori
Quest'era sarà ricordata come quella del fallimento degli Stati, perché i governi e le Istituzioni non fanno più gli interessi del cittadino e lasciano che siano invece le associazioni di consumatori a fare da rappresentanti degli "utenti". Stanno diventando sempre più presenti nella nostra politica e ad esse vengono demandate delle funzioni che invece spettano allo Stato in virtù del fatto che si fonda su delle leggi, sulla Costituzione e sulla rappresentanza del popolo. Le Associazioni di Consumatori Italiane hanno infatti firmato uno storico accordo con l'Associazione Banche Italiane come conciliazione per l'estensione "parziale" delle condizioni previste dal Decreto Bersani ai mutui sottoscritti prima del decreto. Questa alleanza va non solo ad approvare lo sconto dell'Abi sulle penali per l'estinzione anticipata dei mutui, ma segna anche l'inizio di una collaborazione che arriverà a "certificare" i prodotti della Banca da parte dell'associazioni di consumatori. Nessuno tuttavia ha dato alle Associazioni questo potere di rappresentanza degli interessi dei consumatori, né tanto meno l'investitura a vita per dare "certificazioni" ai mutui, agli investimenti o ai conti corrente. Si potrebbe arrivare al paradosso che un'impresa potrebbe ritrovarsi da sola a far valere la lesione dei suoi diritti, o a scontrarsi con le stesse Associazioni di Consumatori che non possono far causa ad un prodotto bancario che hanno certificato.
Questo è il fallimento della politica, dello Stato, ma anche dello Stato civico, di una società che preferisce nominare un rappresentante piuttosto che lottare in prima persona, piuttosto che controllare costantemente cosa stia accadendo intorno a sé. Tale sistema di potere che oggi subiamo, non è altro che il risultato dell'indifferenza delle persone che sanno contro chi puntare il dito quando qualcosa va male, ma non sono capaci di esporsi personalmente per denunciare le anomalie dell'intero sistema. Abbiamo costruito in questi anni un sistema di controllori: abbiamo creato un'amministrazione per controllare il rispetto delle regole, poi abbiamo nominato dei controllori a vigilare che l'altro controlli bene, poi un'authority che giudichi i controllori dei controllori. Una lunga piramide di entità di controllo per evitare che sia il cittadino a fare questa attività di vigilanza su coloro che dovrebbero cautelarci.
Se poi non esiste l'interesse delle persone o viene manipolata per reindirizzarla, il sistema crolla perché non ha una base solida.
Ciò tuttavia dovrebbe spingere ognuno di noi a smettere di lottare in nome di un partito, di una bandiera o di un'ideale che la televisione globalizzata ci ha trasmesso, e a combattere per l'unica rivoluzione che nessun politico vorrà mai fare: la free energy. È questa l'unica risposta a chi desidera lottare le lobbies, ma senza essere rinchiuso dalle trapporle dei politici o della disinformazione.

03 maggio 2007

Primi passi per l'intoduzione della polizia informatica


È divenuto ormai operativo l'archivio dei rapporti con gli operatori finanziari con la costruzione di un'anagrafe tributaria che farà da base di dati per le attività di accertamento e di controllo. L'anagrafe tributaria aiuterà a semplificare le strategie del Fisco per la realizzazione dei controlli, riducendo i tempi e aumentando l'efficacia delle verifiche. Il suo raggio d'azione non si limita tuttavia al solo campo degli accertamenti tributari, in quanto è previsto un sistema di controlli incrociati che dà accesso alla banca dati anche al Ministero degli Interni, all’autorità giudiziaria, agli ufficiali di polizia giudiziaria, all’Ufficio italiano cambi, alla polizia e alla guardia di Finanza. L'anagrafe tributaria si va così ad innestare nel circuito delle banche dati utilizzate per le investigazioni dalle intelligence e dal sistema bancario.

Circolare 18/E 2007Sulla base dell'articolo 37 del Dl 223/06 (Decreto Bersani sulle liberalizzazioni) l'Agenzia delle Entrate ha disciplinato ( si veda Circolare 18/E 2007 e Provvedimento n. 2007/9647) la procedura per gli intermediari finanziari di comunicare all'amministrazione finanziaria i dati e la natura dei rapporti intrattenuti con la clientela, nonché i loro dati personali. La raccolta dei dati viene effettuata mediante uno specifico software fornito dall'agenzia, mentre la trasmissione avviene in via telematica attraverso l'area riservata di ciascun intermediario finanziario. Viene costruito così da ciascuna società di investimento o di gestione del risparmio una specie di tracciato delle attività di investimento o finanziamento dei loro clienti, durante tutta la durata del rapporto. La trasmissione avviene in via automatica, in forza dell'acconsentimento del cliente "al trattamento dei dati personali", anche se l'operazione del cliente non è sospetta o elusiva di leggi. I dati e le notizie raccolti, trasmessi così nell’osservanza della normativa in materia di riservatezza e protezione dei dati personali, sono archiviati in apposita sezione dell’Anagrafe Tributaria e sono trattati, "secondo il principio di necessità", nel caso in cui siano avviate in capo al contribuente delle attività istruttorie per eseguire delle indagini finanziarie.
I controllori potranno acquisire le informazioni dall'archivio informatico e inoltreranno le richieste direttamente agli intermediari che informeranno il cliente che i suoi dati sono oggetto di verifiche e controlli: è una semplice comunicazione, perché il cliente dà l'autorizzazione all'elaborazione dei dati nel momento in cui firma un qualsiasi contratto. Ciò deve far capire il perché, ormai, l'autorizzazione al trattamento dei dati è necessaria per stipulare il contratto, e senza di essa non viene avviata alcuna procedura.
Sia per la trasmissione che per la consultazione sono previste delle normali misure di sicurezza, tuttavia non esiste tutt'oggi un chiaro codice che detti dei limiti all'utilizzo delle banche dati e che condanni un uso criminale delle stesse ( si veda Codice Deontologico Garante Privacy). L'iscrizione dei dati all'interno di tali archivi avviene sempre in maniera automatica, mentre la cancellazione dagli stessi una volta cessato il contratto o il rapporto non avviene allo stesso modo: occorre una richiesta specifica, come nel caso del CRIF, per ottenere la cancellazione dal registro dei pagatori insolventi, mentre per altre banche dati non è prevista alcuna procedura per la cancellazione dei dati. Ciò significa che vi è un continuo accumularsi di dati, in base ai contratti che stipuliamo, alle carte di credito che possediamo, alle carte fedeltà per gli acquisti e ogni altra documentazione che firmiamo con l'acconsentimento al trattamento dei nostri dati personali.

Ciò che più deve preoccupare con l'istituzione di un'anagrafe tributaria finanziaria, è la possibilità che venga utilizzata da altre autorità come quella dell'UIC (Ufficio Italiano Cambi) destinato dal prossimo decreto di riordino delle Authority, a scomparire nel Saf (Servizio di Analisi Finanziaria) inglobato a sua volta nella struttura della Banca d'Italia. Il Saf avrà la funzione di monitorare e di segnalare l'utilizzo anomalo di certi strumenti finanziari, sulla base del flusso di informazione che riceve dalle banche dati ad esse connesse, per poi comunicare l'esistenza di operazioni sospette anche se non illecite. Tale organo avrà dunque delle vere attività investigative di intelligence, confluendo al suo interno i controlli antiriciclaggio, di accertamento tributario e di verifiche su operazioni finanziarie sospette. Tuttavia, a differenza di altri Stati Europei, tali attività di accertamento e le relative banche dati non sono state inglobate all'interno dei Ministeri, ma nella Banca Centrale, ossia in un istituto che è oggi praticamente controllato da entità private. Le Banche italiane, nonché straniere, posseggono non solo il controllo così sulla circolazione monetaria, ma anche e soprattutto il controllo delle attività di intelligence e investigative sui singoli cittadini che sono stati iscritti all'interno delle banche dati.
La realizzazione dell'anagrafe tributaria, fa parte dunque di un progetto organico che vede nell'emanazione del decreto di riordino delle Authority, l'inizio di un processo che porterà alla creazione di un sistema di polizia informatica. Questa avrà un potere molto forte in quanto potrà in maniera istantanea, analizzare ed elaborare dati per condurre delle indagini e dei controlli, ma gli strumenti di tale potere, ossia le banche dati, sono state accentrate nelle sole mani del sistema bancario.